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domenica 30 novembre 2014

Una lettera per dire GRAZIE al mio gatto

Pedro appena arrivato a Roma. Aveva 2 mesi e mezzo.
Con questa lettera vorrei evitare di fare quello che succede spesso, cioè dire a qualcuno quanto è stato importante nella tua vita e quanto bene gli hai voluto quando ormai è troppo tardi. Voglio capovolgere questa storia e fare una vero ringraziamento a un essere che da 5 anni è fedele al mio fianco e che non mi ha mai tradito, meglio di tanti uomini: il mio gatto Pedro che, bello e giovane, può ancora godersi queste parole. Perché lo faccio su un blog che parla di toilette? Secondo lo scrittore Carl van Vechten "La pulizia, nel mondo del gatto, è addirittura anteposta alla devozione". Il gatto è infatti sinonimo di igiene, pulizia ed eleganza e io, che cerco tutto ciò che è pulito e puro, non potevo che sceglierlo come compagno di vita. 



Pensavo di aver adottato un gatto, non un geco...

La storia di Pedro è un chiaro esempio di sliding doors. In famiglia stavamo passando un periodo tutt'altro che sereno e dato che sono convinta dei risultati positivi della pet therapy, avevo deciso di regalare a mia madre un gatto per il compleanno. Io ne avevo già uno di nome Boris, a cui avevo dato una casa dopo averlo trovato abbandonato in un giardino a Torrevecchia, una zona a nord di Roma. Con la scusa delle vacanze di Natale mia madre lo aveva ospitato e non voleva restituirmelo ("Per tuo padre sarebbe un shock privarsi di lui", queste furono le parole...). In effetti fra loro era nato un amore, cosa che succede molto più spesso di quanto si pensi fra uomini e felini. Loro ti scelgono e dopo tu non puoi più fare a meno della loro presenza. Tom Polston scrisse "Un gatto non si compra. E' lui che vi possiede". Decisi perciò, come è sempre accaduto con tutti i gatti che abbiamo adottato in famiglia, di recuperarne uno dalla strada. E così feci. Di gatti soli e raminghi ce ne sono a centinaia e trovarlo non fu difficile. Curioso il modo in cui fu scovato: a causa di uno starnuto.


L'amore dei felini per le scatole di cartone non conosce confini


La sua salvatrice lo sentì starnutire per strada all'uscita dal lavoro e decise di portarlo a casa per offrirgli delle cure. Di lì a pochi giorni Pedro arrivò in casa mia. Come segno della diffidenza felina (anche se su questo potremmo discuterne molto)  si rintanò in bagno, ma dato che non ha mai potuto nascondere la sua indole dolce, faceva così tante fusa da far rimbombare tutto il bidet sotto cui si era nascosto... sembrava un leone, invece era uno esserino di neanche 8 etti. E così Il gatto romano recuperato a Torrevecchia rimase a vivere in Maremma e il gatto toscano con il raffreddore si stabilì nella capitale. Nessuno dei due ha mai dato segni di stress da cambiamento. 


Il mio gatto non ha faticato ad ambientarsi a Roma. I primi tempi, chiunque tentasse di conoscerlo rimaneva deluso. Impaurito e ancora traumatizzato dal suo abbandono materno, si rintanava sotto al letto e ci rimaneva per ore. Una volta un mio caro amico venne a trovarmi per conoscerlo. Lui non si fece vivo. L'amico mi chiese poi se fosse vero che avevo un gatto, visto che per tutta la durata della sua permanenza a casa Pedro era rimasto nascosto. Ma quelli sono solo dei ricordi.
Adesso fa il mattatore di molte serate, sono famosi i suoi discorsi miagolanti (con una padrona che parla alla radio non potevo certo avere un gatto silenzioso) e i suoi giochi con la pallina di alluminio. Per molti è un raro esempio di "gatto da riporto" e spesso alcune amiche sono talmente innamorate di lui che mi chiedono come stia, come se fosse un mio parente. Perché è questo che diventano gli animali. Condividono tanti di quei momenti che accedono di diritto al rango di familiari. 


Io, a questo punto della nostra convivenza, trovo giusto e doveroso ringraziarlo. Perché mi sopporta, perché non c'è giorno in cui non mi strappi una risata, perché amo il suo essere un eterno Peter Pan che gioca e si stupisce di tutto e, soprattutto, perché ascolta in silenzio ogni mio sfogo. Mi ha visto ridere, ma forse più spesso piangere, gioire, preoccuparmi, disperarmi, ma non ha mai mostrato segni di stanchezza. Non è facile sopportare un essere umano con tutte le sue ansie, cambi di umore e la sfrontatezza di credere di essere l'unico al mondo a poter capire. Anche gli animali capiscono, forse più di noi, perché si comportano seguendo l'istinto che, noi troppo spesso, nascondiamo sotto tanti ragionamenti.
I gatti e le coperte


Il più grande regalo che potremmo fare a un animale è quello di comprenderlo cercando di non cadere nell'errore tipico umano che è rendere tutto simile a noi.

Quindi, grazie Pedro. Prometto di esserti sempre fedele, di adottare un cane solo dopo aver avuto la tua approvazione e che ti ripagherò con tutto ciò che posso: cibo, acqua, una lettiera super pulita come amano i gatti, una coperta di lana anche a ferragosto (perversione felina), una scatola di cartone e l'amore che a parole si spiega poco, ma con i gesti si tiene vivo ogni giorno. Lunga vita a te e a tutti gli esseri a quattro zampe con tanti peli che vivono nelle nostre famiglie. Siamo sicuri che sono proprio loro a dover essere chiamati "animali"? 







giovedì 20 novembre 2014

Scusi professò, posso andare in bagno?

Non c'è cosa migliore quando piove di aprire il giornale e scegliere un film da vedere al cinema. Incuriosita dalla nuova pellicola di Luca Miniero, alla ricerca di un sorriso per uscire dal grigiore di questi giorni, la scelta si rivela vincente. Non può definirsi un capolavoro, per alcuni potrebbe sembrare la versione scolastica di Benvenuti al Sud, però " La scuola più bella del mondo" convince con una sceneggiatura non volgare, lineare, adeguata a qualsiasi tipo di pubblico. Un enorme aiuto arriva da bravissimi attori quali Christian De Sica, Rocco Papaleo e Angela Finocchiaro (aggiungerei Miriam Leone, bella e sulla buona strada e Nicola Rignanese, il Salvatore Strano, a me tanto caro in quanto fan di Questo nostro amore parte I e sequel...)
Il film non vuole essere una denuncia del sistema scolastico, anche se mette in luce le tante cose che non vanno, dando colpa anche  ai professori che spesso dimenticano che l'insegnamento prima di tutto deve essere una vocazione. E' il ritratto di una Italia che può farcela, annientando i secolari diverbi meridione - settentrione e pronta a rimboccarsi le maniche per far funzionare il sistema. Si ride e ci si commuove un po', e a noi i buoni sentimenti piacciono assai!
E' una classica commedia degli equivoci: un istituto toscano, noto per la sua eccellenza, nel tentativo di accaparrarsi un premio, decide di ospitare una scuola africana, più precisamente quella di Accra nel Ghana. L' invito viene spedito da un bidello piuttosto singolare, con la sindrome di Tourette, che aggiungendo una E dove non doveva la fa recapitare alla "Enzo Tortora" di Acerra. Non sarà poca la sorpresa nel vedere al loro arrivo che di bambini di colore ce n'è uno solo che parla pure napoletano stretto. Accolti da uno striscione con su scritto "BENVENUTA AFRICA", gli scalmanati alunni si lanciano subito in una rissa, che tra gli altri cercherà di sedare il bidello di prima che per cognome fa Soreda ( e qui lascio a voi immaginare cosa altro può accadere!)
Papaleo e De Sica hanno di certo una comicità diversa, con tempi differenti; un tipo di ironia dissacrante il primo, più misurata quella del secondo ( De Sica qui non è quello dei cine-panettoni e delle battute a senso unico). Convincono? Aspetterei di vederli lavorare di nuovo insieme per potermi esprimere.
Ed ecco giungere al punto che mi interessa: in più di una scena compare a scenografia il gabinetto scolastico, adibito, causa lavori di ristrutturazione che durano da tempo indefinibile, a sala docenti.
Qui il preside interpretato da un Lello Arena ahimè appesantito da chili e anni, scrive la lettera al Presidente della Repubblica Napolitano, nella speranza che arrivi un aiuto per salvare la "scalcinata" struttura e i suoi alunni, molti dei quali destinati a una carriera da "mariuolo".
Come già detto, arriva la lettera della scuola di San Quirico d'Orcia scambiata per il tentativo di aiuto giunto dal Quirinale, e ragazzi e insegnanti salgono su un pullman gentilmente prestato destinazione Nord (Centro, precisa qualcuno, mentre il Prof. Gerardo Gregale alias Papaleo afferma che " il Nord comincia sopra Mondragone".) Alla fine, anche se il gemellaggio con Accra fallisce, lo scambio culturale con Acerra, non senza fatica, funzionerà.

In fondo un problema comune le due scuole ce l'hanno ( e non solo loro): la carta igienica devono portarsela da casa!


Tutto questo ovviamente mi ha fatto tornare alla mente la mia carriera scolastica e i ricordi dei gabinetti che ne hanno fatto da cornice, dove spesso mi rifugiavo per scappare da interrogazioni o solo per una pausa di riflessione (in qualcuno sono stata capace di addormentarmi per una buona mezz'ora.
Quello dello elementari, dalle mattonelle color giallo pallido e di uno squallore senza eguali ( vista la retta mensile potevano impegnarsi di più!), con le tazze di misura ridotta per farci toccare con i piedi per terra e non correre il rischio di finirci dentro. E' lì che mi sono preparata alla mia prima prova di attrice  ( ne seguirà solo un'altra, sufficiente per capire che non era la mia strada), emozionata e felice,specchiarmi con il vestito di Biancaneve sottratto quasi con la forza a colei che sarebbe diventata un'altra sorella per me, e che dopo quella me ne ha perdonate tante e continua a farlo. Poi il gabinetto delle medie, una scuola austera, solo femminile, frequentata da due generazioni di donne della mia famiglia. Sarà stata l'adolescenza alle porte e la voglia di uscire dagli schemi, mi ritrovai a scarabocchiare sul muro frasi senza senso. Fui scoperta e costretta a ripulire immediatamente tutto, sotto la minaccia che mio padre altrimenti sarebbe stato avvertito. Lui probabilmente lo scoprirà adesso se leggerà queste righe, io non so come mai la possibile punizione mi terrorizzò nonostante un genitore piuttosto indulgente ( sarebbe stato peggio l'altro genitore, caterpillar - mamma, lei si che c'era da tremare!)
Il bagno del liceo è stato la mia maledizione. Un rifugio quando il dito scorreva sul registro e il posto dove ho imparato a fumare. Io che avevo sempre fatto battaglie contro le sigarette, a forza di andarci e passare tempo senza far nulla decisi di combattere la noia aspirando insieme alle più "navigate". Il vizio me lo sono levato, ma c'è voluto tempo e ogni tanto la voglia, confesso, torna. Ma il gusto che aveva quella sigaretta seduta per terra con la schiena appoggiata al calorifero, non ha rivali!
A chiudere il gabinetto, o scusate la cafonaggine, il cesso (perché tale era) dell'Università. Quante corse a ridosso degli esami presa da sconvolgimenti intestinali che fino all'ultimo mi hanno accompagnata. Un'emotività che con gli anni ho imparato a gestire, a volte rimpiangendola perché ottimo metodo contro la stitichezza. Forse sono andata oltre, su un personale che a nessuno interessa più di tanto conoscere, ma sono sicura che voi avrete ricordi simili che è sempre bello rivivere.
Certo rievocare i tempi andati attraverso i bagni non vi sembrerà il massimo.Apprezzate l'originalità, è solo un modo per rinfrescare la memoria partendo da un'altra prospettiva!





E per chi non ricordasse "Bruno Foscolo" clicchi il video...


lunedì 10 novembre 2014

Come disse Giorgio Gaber: "Non c'è via di scampo. Devo farmi per forza uno shampoo"



Nella toilette, regno incontrastato di questo blog, facciamo spesso uso di creme, shampoo e docciaschiuma. Io ho più volte detto che nel mio appartamento, al momento dei lavori, ho rinunciato a una cucina più grande per avere un bagno che sembrasse una reggia, visto che sapevo che ci avrei passato più tempo che in ogni altra stanza della casa. 
L'uso di prodotti giusti è importante sia per noi che per l'ambiente che ci circonda. Lo scorso anno, durante una trasferta del mio programma Ladies and Capital al Sana, il Salone del biologico e del naturale di Bologna, ho incontrato i fondatori dell'azienda Biofficina Toscana. Mi aveva talmente colpito la loro storia fatta di tenacia, ma anche capacità di reinventarsi, che voglio raccontarla ai lettori. 

Di Biofficina Toscana parliamo con Sergio D’Alfonso. Il suo mestiere originario è quello di avvocato. Quando è nato il progetto Biofficina ha iniziato a occuparsi dell’ufficio legale di questa azienda (redigendo contratti, accordi di confidenzialità e quant’altro necessario) per poi passare ad occuparsi, una volta avviato, anche del mercato estero di cui oggi è il responsabile.

Quando e come nasce l'idea di Biofficina Toscana?
Il progetto Biofficina Toscana è nato nel 2009 dall’idea di due donne con due percorsi formativi diversi ma una comune sensibilità per le tematiche ambientali e passione per la cosmesi ecobio: Eva Casagli era una ricercatrice di storia contemporanea (con pubblicazioni appunto di storia ed una pubblicazione di un romanzo storico generazionale) e Claudia Lami aveva da poco terminato gli studi (con una laurea in scienze ambientali e una competenza molto importante sulle certificazioni biologiche). Si sono conosciute virtualmente in un forum importante di cosmesi ecobio e ci siamo poi conosciuti tutti realmente (Eva, Claudia e noi rispettivi compagni) in occasione della presentazione di un libro di Eva presso una libreria a Lucca. Quella sera abbiamo cenato insieme e scoperto comuni interessi da sviluppare.
Il rapporto  tra noi è poi cresciuto e tra un confronto e l’altro è nata l’idea Biofficina Toscana che è diventato un progetto vero e proprio in cui credere. Dopo circa un anno e mezzo infatti di indagini, studio e lavoro viene lanciata la prima linea di Biofficina Toscana (era appunto il luglio del 2010) che univa, oltre alla cosmesi eco-bio certificata, un elemento in più: il Km.0. Infatti ogni prodotto Biofficina Toscana dalla prima materia prima al packaging, alla serigrafia al prodotto finito è pensato e creato in Toscana.
Dopo quattro anni di vita Biofficina Toscana è una realtà nel panorama eco bio nazionale ed anche in parte internazionale perché  è distribuita in 4 paesi nel mondo e venduta in 10. Permettetemi una punta di orgoglio ma nel 2012, dopo solo tre mesi di commercializzazione, uno dei nostri prodotti (il latte tonico bifasico) è stato eletto da una rivista del settore come miglior prodotto eco-bio dell’anno in Giappone.
La nostra è e rimane un’azienda a carattere familiare dove Claudia ed Eva si occupano dell’amministrazione, della comunicazione e della creazione dei prodotti, dopo aver provveduto personalmente alla ricerca ed al reperimento delle materie prime locali,  ed in buona parte alle pubbliche relazioni. Io mi occupo delle questioni legali e del mercato estero, Nicola (compagno di Claudia che è laureato in informatica) si occupa di tutta l'IT dell'azienda e gestisce i social media dove Biofficina è presente ed il nostro sito. Abbiamo poi, oltre al laboratorio di produzione, un grafico professionista, Alessandro, che segue tutta la parte di immagine grafica dell’azienda ed ha creato il nostro bellissimo marchio…... Da poco tempo abbiamo assunto un’altra collaboratrice, Alessandra, che invece si occupa di tutta la segreteria di amministrazione e degli ordini. Oltre a questo ci sono chiaramente una divisione logistica con una responsabile delle spedizioni e la produzione.



Quali sono le caratteristiche principali dei vostri prodotti?
Le caratteristiche dei nostri prodotti si possono racchiudere in poche parole:
I nostri prodotti sono:

Naturali, oltre alla lista degli ingredienti che ne è la prova (biodizionario approved), anche la certificazione ICEA lo stigmatizza. In Italia purtroppo la parola naturale è fin troppo abusata e non regolamentata, l’eco bio invece è regolamentato. Non contengono quindi PEG, parabeni, petrolatum, paraffina, SLS, SLES, siliconi, OGM, coloranti artificiali.

Innovativi in quanto le formulazioni, che sono tutte protette, sono il frutto di una ricerca costante ed inoltre utilizziamo anche estratti brevettati e principi attivi innovativi.

Artigianali perché, oltre alla costante innovazione, i nostri prodotti hanno la qualità artigianale e sono fatti con materie prime locali di eccellenza anche a livello alimentare

Locali, perseguiamo fin dall’inizio la filosofia del Km. 0 che nella crescita abbiamo potuto sviluppare sempre di più . I nostri prodotti sono pensati e creati in Toscana con  l’utilizzazione di estratti bio toscani, pregiate materie prime toscane come il miele, l’olio, l’olivello spinoso, il peperoncino ed estratti brevettati da vinacce del Chianti ed acque di vegetazioni di olive delle Crete senesi, con un conseguente recupero quindi anche del materiale di scarto agroalimentare.

A basso impatto ambientale,non vengono utilizzati derivati di prodotti petrolchimici e viene esclusivamente utilizzata la chimica verde.

In più non sono testati su animali, aderiamo al infatti il disciplinare di ICEA – LAV Stop ai test su animali che presta attenzione anche alle singole materie prime oltre che al prodotto finito.





Oltre alla linea cosmetica di quali altri settori vi occupate?
Ormai da un po’ di tempo abbiamo inserito nelle nostre linee anche una linea per la casa che presto arricchieremo con nuovi prodotti. Chiaramente anche questi sono assolutamente naturali. Dovete pensare che noi siamo partiti 4 anni fa con 12 prodotti, ora ne abbiamo oltre 40, ma ogni singolo prodotto è stata il frutto di grossi sacrifici e di una grande lavoro di squadra, ci occupiamo di tutto noi, perfino della descrizione dei prodotti, alla realizzazione fino al loro lancio. Vi lascio solo pensare che il nostro primo magazzino è stato un garage e che invece ora abbiamo una divisione di logistica, ma tutto, ripeto, è stato il frutto di grandi sacrifici nel tempo.
Ogni singola novità è quindi per noi un’importante “conquista”.
La linea casa abbiamo intenzione di svilupparla anche per dare un’offerta più completa ai nostri clienti e ci stiamo già lavorando anche in vista del Natale.

In che modo applicate la filosofia ecosostenibile a tutti i vostri prodotti?
Come dicevo prima i nostri prodotti sono realizzati con la chimica verde e non contengono petrolati, parabeni, siliconi, conservanti e profumi artificiali, SLS SlES ecc.
Per il packaging abbiamo inoltre scelto una riduzione dei materiali, non utilizzando nessuna scatola né foglietto illustrativo e preferendo la serigrafia alle usuali etichette per evitare lo smaltimento di queste ultime, una volta finito il prodotto. I cataloghi ed ogni altro materiale informativo sono realizzati in carta certificata FSC (Forest Stewardship Council) composta al 100% da fibre riciclate, sbiancate senza l’uso del cloro. Anche la stampa del materiale informativo viene eseguita con colorazioni a bassissimo impatto ambientale. Da ultimo, ma non per ultimo, la scelta di produrre a Km. 0, oltre alla valorizzazione del territorio ed alla tracciabilità delle materie prime, contribuisce a diminuire la produzione di CO2 evitando inutili trasporti.



Grazie a internet oltre all’Italia in quali altri zone del mondo è famosa Biofficina Toscana?
Internet per noi è stato un volano importante perché la gente potesse conoscere il nostro marchio. Inoltre l’ecobio in Italia si è sviluppato proprio a partire dal web e da importanti forum di infomazione come quello in cui si sono conosciute le Biofficine.  Il pubblico eco bio è sicuramente una clientela consapevole e si informa soprattutto su canali alternativi. Molti web shops importanti in Italia ci hanno da subito dato fiducia e quindi li ringraziamo per l’ottima pubblicità che hanno fatto per noi. Ora in Italia abbiamo raggiunto una buona capillarità di negozi, ma internet è sicuramente una piattaforma importantissima che ci aiuta molto. Inoltre ci sono dei portali di cosmesi eco bio che vendono i nostri prodotti in Europa ed in particolare in Germania, in Spagna, in Francia, in Austria ed in Slovenia. Mentre in altri paesi come la Svizzera, il Giappone, la Russia, la Corea del Sud abbiamo dei distributori diretti. Molti di questi ci hanno conosciuto anche attraverso internet, oltre che da indagini personali presso i nostri punti vendita, ed una volta provato in nostri prodotti se ne sono innamorati apprezzandone la qualità, le caratteristiche e l’originalità.

Quale fra i vostri prodotti è più adatto per il cambio di stagione?
I nostri prodotti sono sicuramente validi per tutte le stagioni, ma se dovessi dare dei consigli per l’uso preferenziale al cambio di stagione indicherei i nostri sieri per il viso, in particolare quello riequilibrante ed i prodotti per lo styling dei capelli che proteggono i capelli sia dal sole in estate che da fattori chimici come smog, cloro, dal calore di phon e piastre, li idratano e ristrutturano in modo efficace.


martedì 4 novembre 2014

WC-WATCHING: A Venezia un novembre rosso - Guggenheim...*

" Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele, ma è un grave errore. Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro." Così Peggy Guggenheim tolse ogni dubbio sulla sua decisione di stabilirsi in Laguna. Scelse come fissa dimora Palazzo Venier dei Leoni, su Canal Grande, già appartenuto, seppur per poco, ad un'altra donna che, come lei, faceva parlare di sé, ammaliante e stravagante, musa di dadaisti, surrealisti, fauvisti e futuristi; colei che aveva ammaliato il vate D'Annunzio che la definì la "Divina Marchesa": Luisa Casati. Quel palazzo a Cà Leoni, seppur incompiuto e con un architettura meno ambiziosa di quella originariamente progettata da Lorenzo Boschetti, fu teatro di feste spettacolari, luogo di incontri tra artisti, intellettuali, politici. Forse era nel suo destino trasformarsi in un Museo, e non uno qualunque, uno spazio moderno e avanguardista in una città classica come Venezia, che però non bigotta apprezzò l'iniziativa dell'ereditiera soprannominata affettuosamente "l'ultima Dogaressa". 
Pittura in azione...
Rimasta orfana di padre, che si trovava per sventura a bordo del Titanic, Peggy Guggenheim si avvicinò all'arte quasi per noia, eppure fin da subito dimostrò un fiuto eccezionale, rivelandosi un' ottima mecenate e una delle più grandi collezioniste del suo tempo. Senza Peggy non ci sarebbe stato l'espressionismo americano e Pollock chissà avrebbe continuato a vivere nell'anonimato, nelle gabbie di una vita ordinaria che con ogni probabilità lo avrebbe comunque distrutto. A Pollock dava 150 dollari al mese per un anno per sostenere la sua produzione pittorica, gli anticipò la somma necessaria per comprare a Long Island la casa-laboratorio dove partorì gran parte delle sue opere. Lo notò quando era un umile falegname al Solomon R. Guggenheim (suo zio) di New York e lo trasformò nella sua stella, affidandogli una personale al Museo Correr nel 1950.
Comprava l'arte non per fare un mero investimento, piuttosto perché vedeva qualcosa in quelle opere, era il suo suo cuore a decidere e una sorta di terzo occhio che le faceva cogliere il potenziale di quelle tele che ad altri potevano sembrare solo imbrattate!
Vasilij Kandinskij, Piet Mondrian, Salvador Dalì, Georges Braque, Francis Bacon, Pablo Picasso, Marcel Duchamp... Anche il padre di Robert De Niro, pittore che riuscì a raggiungere buone quotazioni. Questi gli artisti che frequentò, trasformandosi per alcuni in una moderna Medici.
Dove li trovo?
Peggy poteva permettersi di indossare orecchini dipinti da Yves Tanguy, che lui le regalò in occasione della mostra organizzata alla Galleria londinese. La sua era una eleganza non convenzionale, con il suo estro e la sua ironia stupiva. Non era bella, aveva un naso ingombrante che tentò di correggere con una plastica con il risultato che si gonfiava con l'arrivo del cattivo tempo, eppure ebbe il coraggio di appoggiarci su un paio di occhiali a farfalla creati per lei da Melcarth, che la Safilo di recente ha riprodotto in acetato blu con lenti specchiate, mantenendo la linea di quelli del 1949. 
Non negò mai di aver avuto numerosi amanti, uomini e donne, per soddisfare appetiti sessuali che sembra fossero senza limiti. Alla domanda "quanti mariti ha avuto?" Rispondeva ironicamente "Miei o di un'altra?". Si era sposata tre volte, una con il pittore surrealista Max Ernst che sosteneva di amare perché "bello e famoso". Ebbe un'intensa relazione con Samuel Beckett con cui passò giorni e notti intere nel letto, interrotti solo dalla richiesta di lui di uscire a trovare dello champagne.
Il suo vero grande amore però furono i cagnolini con cui si faceva spesso ritrarre, compagni affidabili nelle sere in cui finite le feste e congedati gli illustri ospiti l'ereditiera piombava di nuovo nella solitudine. 
Quante storie incredibili potrebbero davvero raccontare le mura di Palazzo Venier! A partire dal 1951 Peggy decise di aprire il palazzo al pubblico, due volte la settimana. Lei fece sapere di non essere compresa nello spettacolo, per allontanare i curiosi mise tende di velluto rosso nella camera da letto, dove tuttora fa bella mostra la testiera commissionata ad Alexander Calder. 
Cosa c'è lì dietro?
Eppure la Guggenheim era parte della sua galleria, come un'opera vivente, si lasciava immortalare in varie pose, scatti entrati poi nella storia, scene di normale vita domestica con un Picasso che fa capolino dalla parete. Chi in fondo non ha una foto simile! 
Cubismo,surrealismo,espressionismo. Una collezione unica nel suo genere per quei tempi, in grado di catturare i visitatori proiettandoli in una modernità difficile da comprendere del tutto. Qualche turista si chiedeva cosa fosse quel telefono a gettoni in mezzo a tutte quelle opere; pare che la padrona di casa lo usasse e con molta parsimonia. Le stravaganze dei ricchi!
Bagno d'autore

Durante la mia visita ho immaginato come potesse essere il suo bagno; l'ho pensato in marmo, dalla grande vasca e le rifiniture in oro; sanitari alternati a statue bronzee e pittori, adesso celebri, a riempire gli spazi non occupati dai rivestimenti. Al suo posto toilette totalmente fuori contesto da quello che doveva essere il tenore dell'abitazione.
Nel 1962 Peggy Guggenheim diventò cittadina onoraria di Venezia, grande dimostrazione di stima e riconoscimento degli abitanti. Lei ormai era una di loro. 
Il 4 novembre 1966 l'ondata di acqua alta a Venezia allagò il seminterrato del palazzo, fortuna volle che le opere fossero già impacchettate per essere spedite a Stoccolma per una esposizione.
Fino all'ultimo non rinunciò alla sua vita bohémien. Pochi mesi prima di morire accolse Gore Vidal con Paul Newman e l'inseparabile moglie Joan Woodward. Peggy rise quando l'attore si prestò a dare un bacio a una delle sue domestiche, "in cambio resterà con me un altro anno" - commentò sardonica.
Se ne andò il 23 dicembre 1979, sepolta nel giardino del suo rifugio veneziano, vicino ai suoi cani, in mezzo a quelle sculture di cui prima di altri ne aveva colto la diversa bellezza.


VOTAZIONE

PEGGY GUGGENHEIM COLLECTION:









INFORMAZIONI:

www.guggenheim-venice.it Per conoscere opere e artisti in mostra. prezzi biglietto, orari di apertura e altro. In estate ogni lunedì viene organizzato l'aperitivo happyspritz, in collaborazione con Aperol e Radio Italia, con buffet e djset live.

* Consiglio la visione del film " A Venezia un dicembre rosso shocking" - 1973 - Diretto da Nicolas Roeg, con il mitico Donald Sutherland e Julie Christie. A questo mi sono ispirata per trovare un titolo adatto a questo post!